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Mar

Per le donne mature in cerca di lavoro, e non solo, la prassi vincente è la selezione al buio

Per le donne mature in cerca di lavoro, e non solo, la prassi vincente è la selezione al buio

Per le donne mature in cerca di lavoro, e non solo, la selezione al buio potrebbe rappresentare una soluzione efficace per favorire un accesso più equo al mondo del lavoro. Questo metodo di selezione, che prevede l’invio di curriculum senza dati sensibili come sesso, età e anno di conseguimento degli studi, aiuterebbe a contrastare le discriminazioni anagrafiche. Penso in particolare alle donne mature, spesso madri, che desiderano rientrare nel mondo del lavoro ma si trovano di fronte a rifiuti o, peggio ancora, all’indifferenza delle aziende, ritenute “troppo grandi” per essere assunte. Tuttavia, la selezione al buio è ancora poco conosciuta e scarsamente adottata dai datori di lavoro, poiché non viene percepita come vantaggiosa per le aziende. Eppure, se fosse applicata su larga scala, contribuirebbe a risolvere molte forme di discriminazione che ostacolano l’occupazione.

 

Una soluzione equa per tutti i lavoratori

L’adozione della selezione al buio consentirebbe ai selezionatori di scegliere i candidati esclusivamente sulla base delle loro competenze, qualifiche ed esperienze, senza pregiudizi consci o inconsci. Se questa pratica fosse obbligatoria per la copertura di posizioni vacanti, anche le donne oggi escluse dai processi di selezione avrebbero maggiori possibilità di ottenere un impiego. Tuttavia, questa metodologia rimane ancora poco diffusa e difficilmente verrà adottata su larga scala. Perché non si parla abbastanza di questa pratica? Lo Stato potrebbe incentivare le imprese a utilizzarla, offrendo agevolazioni economiche non solo per l’assunzione di giovani e disoccupati, ma anche per le donne che vogliono reinserirsi nel mondo del lavoro. La selezione al buio potrebbe essere la soluzione ideale per garantire pari opportunità a tutti i lavoratori, indipendentemente da genere ed età.

 

Gli incentivi fiscali: tra inclusione e sfruttamento

Gli incentivi statali dovrebbero favorire l’occupazione e contrastare la discriminazione, ma spesso vengono sfruttati dalle aziende senza portare reali benefici ai lavoratori. Un problema poco discusso dell’age shaming nel mondo del lavoro è proprio il modo in cui le imprese utilizzano gli incentivi fiscali più per ridurre i costi che per creare occupazione stabile. Molte aziende assumono giovani solo per il periodo coperto dagli incentivi, per poi non rinnovare i contratti e sostituirli con nuovi assunti che garantiscano ulteriori agevolazioni. Ai giovani viene richiesta esperienza, ma al tempo stesso vengono esclusi dalle opportunità che potrebbero fargliela acquisire. Inoltre, spesso sono sottopagati e intrappolati in stage infiniti o contratti precari.

 

Valorizzare il contributo di ogni generazione

Dall’altro lato, esiste il pregiudizio secondo cui i lavoratori più anziani non siano aggiornati o flessibili rispetto alle innovazioni tecnologiche. Le aziende dovrebbero invece investire nella formazione e nella diversità generazionale, valorizzando l’esperienza dei più maturi e l’energia dei giovani. Un ambiente di lavoro inclusivo, che riconosce il valore di tutte le età, risulta più produttivo e innovativo. L’idea che un over 50 sia meno tecnologico e un giovane sia necessariamente inesperto è uno stereotipo dannoso. Per questo motivo, la selezione al buio potrebbe rappresentare una strategia vincente per abbattere queste barriere e favorire un sistema lavorativo più giusto per tutti.

 

Il problema della precarietà lavorativa

Molte aziende licenziano lavoratori senior con stipendi più alti per assumere giovani beneficiando degli sgravi fiscali. Attraverso contratti precari, come stage, apprendistati e contratti a termine, le imprese riducono i costi contributivi senza mai stabilizzare i dipendenti. E anche quando assumono over 50, lo fanno spesso solo per accedere a incentivi fiscali, senza reali prospettive di crescita per il lavoratore. Questo meccanismo legale, ma eticamente discutibile, alimenta la precarietà e il continuo riciclo di lavoratori “usa e getta”. Gli incentivi fiscali dovrebbero servire a creare occupazione stabile, non a promuovere forme di sfruttamento.

 

L’età non dovrebbe mai essere un criterio di esclusione

L’age shaming nel mondo del lavoro non è solo una questione culturale, ma anche il risultato di politiche economiche sbilanciate. L’età non dovrebbe mai essere un criterio per escludere qualcuno dal mercato del lavoro. Un ambiente professionale più equo è possibile solo se valorizziamo sia l’esperienza dei lavoratori senior che le idee innovative delle nuove generazioni.  Per realizzare questo cambiamento, serve un impegno concreto da parte delle aziende e delle istituzioni, che dovrebbero vigilare sull’efficacia delle politiche adottate. Tuttavia, sembra che nessuno abbia un reale interesse a controllare se queste misure funzionano davvero per entrambe le parti coinvolte. Ritengo profondamente ingiusto che una persona venga trattata come superflua solo perché non abbastanza giovane per trovare un lavoro o troppo giovane per andare in pensione.

 

Verso un sistema più equo

Le soluzioni esistono, ma richiedono un reale impegno da parte di tutti gli attori coinvolti. Le aziende dovrebbero investire nella formazione continua per tutte le età, offrendo corsi di aggiornamento per mantenere competitivi i lavoratori senza discriminazioni anagrafiche. Inoltre, la selezione al buio potrebbe garantire processi di assunzione più equi, valutando i candidati per talento ed esperienza anziché per età. Lo smart working e la flessibilità oraria potrebbero agevolare sia i lavoratori senior che i giovani, permettendo un miglior equilibrio tra vita privata e professionale.

 

Gli incentivi dovrebbero essere condizionati alla stabilizzazione dei lavoratori

Lo Stato, dal canto suo, dovrebbe rendere gli incentivi condizionati alla stabilizzazione dei lavoratori, impedendo che vengano sfruttati per creare occupazione precaria. Sarebbe utile anche introdurre controlli più severi per prevenire licenziamenti strategici e discriminazioni salariali. Secondo il mio parere, per le donne mature in cerca di lavoro, e non solo, la prassi vincente è la selezione al buio. Infine, incentivare il lavoro intergenerazionale potrebbe favorire un ambiente più inclusivo e produttivo, evitando la sostituzione continua tra giovani e anziani. Premiare le aziende che mantengono un mix equo di età nei propri team sarebbe un primo passo verso un mercato del lavoro più giusto per tutti.